Dove sei, Angelo mio bello,
nascosto dietro qualche libro
della mia libreria di noce,
in un angolo tranquillo
ove piangi perché ti senti trascurato
dal professore tanto amato,
che sfoglia qualche libro,
qualche ottimo compagno,
che non lo conduce ad errore.
Eppure ha tanto sbagliato il professore,
e tu rosso di vergona rimani
in mezzo a qualche libro,
non ancora sfogliato,
al quale speri rivolgerò lo sguardo,
dandoti occasione di farmi
una severa predica,
vista l’occasione.
Vieni da me, angelo bello,
addormentato sullo scrittoio di noce,
col capo chino sul raccolto,
come Autunno riposa in un granaio,
dopo qualche ora di studio,
con le gambe sulla pelle
del mio Kangal un po' ribelle,
ma buono come il pane.
Serenella vigila sul sonno
del suo padrone
e con occhio attento
riposa sulla soglia della stanza,
sbarrando la strada
ai ladri di questa contrada.
Angelo mio bello,
dedicasti a me i tuoi anni migliori,
difendendomi a volte con la spada
o guidando per me la macchina
del distratto professore,
adesso è ora di ascoltarti
e tornare indietro
sui proprio passi,
tu mi porti la voce di Dio
fin dentro la mia casa
o a volte un profondo silenzio,
e quasi sempre una voce, immaginata, ma presente.
E a volte ammonisti persino i miei amici
e, sorridente, porgesti loro
il tuo sostegno e il tuo conforto,
“apparendomi nel corridoio”
circondato di luce
e facendo segno
con un dito verso Giuseppe,
come per dirmi
“Te lo affido,
parlagli di Cristo”.
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